La prima Calciopoli / seconda puntata

NELLO SCORSO articolo di questa rubrica, avevamo parlato del calcioscandalo del 1980, mostrandovi l’impopolare proposta di amnistia del Guerino. Rimaniamo sul tema e spostiamoci sul giocatore più celebre coinvolto in quella calciopoli ante litteram: Paolo Rossi, l’attaccante del Perugia e della nazionale; l’uomo su cui Bearzot riponeva le sue speranze per gli Europei che si sarebbero disputati di lì a poco, proprio in Italia. Pablito, così chiamato dai tempi del Mondiale in Argentina, fu squalificato per due anni e perse così la possibilità di giocarsi l’Europeo. L’attacco azzurro si ritrovò così spuntato. All’assenza di Paolo Rossi, si aggiunse infatti anche quella di Bruno Giordano, anche lui squalificato dalla CAF: all’appuntamento continentale l’Italia non superò il girone. Due 0-0 e una vittoria per 1-0 non furono sufficienti per sfidare la Germania Ovest in finale. È storia nota che la squalifica di Rossi terminò proprio alla vigilia del Mondiale ’82, in cui Pablito firmò il suo riscatto. Ma restiamo al 1980 e leggiamo cosa scriveva a riguardo una delle più autorevoli e poliedriche penne del Guerino di quegli anni: Gaio Fratini, giornalista, poeta, filosofo e autore satirico. Forse alcuni lettori ricorderanno la sua storica rubrica Satyricon, anche se non è da questa che sono estratti i concetti qua sotto. Nell’articolo che vi proponiamo, Fratini, “salva” il bomber della nazionale e se la prende con l’ipocrisia italiana che permette in un battibaleno di passare da celebrazioni e autografi, a insulti e fischi. In un parallelo con Collodi, Trinca e Cruciani (il ristoratore che ospitava le scommesse clandestine e lo scommettitore truffato) sono definiti il gatto e la volpe. Pinocchio non poteva che essere Paolo Rossi.

«SI DOVREBBE fare subito un collage con i titoli dedicati al Pablito edizione Mondiali e questi che riguardano il processo delle scommesse e il più popolare dei calciatori accusati. I Pindaro delle cronache sportive si sono improvvisamente mutati in pubblici accusatori e c’è una voglia matta in giro di credere ciecamente al gatto e alla volpe, voglio dire ai due collodiani eroi della lusinga e dell’estorsione. Chi di noi non conosce Pinocchio e il capitolo diciannovesimo, che narra del burattino derubato delle sue monete d’oro e che per castigo si busca da un gorilla togato quattro mesi di prigione? In quel paese, il paese di Acchiappacitrulli, i malandrini erano in libera uscita e gli onesti dentro. E per ottenere la libertà, Pinocchio disse al carceriere “sono un malandrino anch’io”. Scusami, Pablito, se t’ho paragonato a Pinocchio, ma questo popolo di santi, di poeti e di fruttivendoli le parabole del Collodi le conosce a meraviglia e sa che al gatto e la volpe spetta una pessima fine. Certo, un po’ leggerino e scavezzacollo lo sei stato. Qualche Lucignolo lo devi avere incontrato, in quanto il mondo del calcio è pieno di Lucignoli. Riconoscilo: verso il Paese dei Balocchi, almeno in sogno, ci sei andato.
[…] E tu da alcune domeniche non riuscivi più a segnare. Ti rimordeva dentro qualcosa. La tua parola di professionista serio e corretto che improvvisamente non contava più niente, mentre sempre più contavano le parole dei gorilla e dei cani mastini, in quel collodiano paese degli Acchiappacitrulli. Ma intanto i Pindari del lunedì seguitavano a narrare partite di mediocre livelli tecnico e agonistico, su tutto il fronte della Serie A. Quei cronisti (oggi grottescamente truccati da accusatori alla Dreyer, in questo assurdo processo a Giovanna d’Arco) hanno fino all’ultimo cercato di drammatizzare il blando ritmo calcistico. Poi, scoppiato il giallo delle scommesse, eccoli schierarsi dalla parte del gatto e della volpe. Diceva Ennio Flaiano: “Noi corriamo sempre in soccorso del vincitore”. Aggiungo: col paraocchi, scambiando per vincitori proprio il gatto e la volpe e per perdente Pinocchio. Ti hanno gridato, subito dopo le richieste dell’accusa: “ladro, corrotto, marcio”, mentre stavi prendendo un taxi e se in quel momento il gatto e la volpe fossero passati per via Filippetti, avrebbero avuto baci e fiori. Al termine di “Altra campana”, la trasmissione di Enzo Tortora, il pubblico ha applaudito la richiesta di De Biase, vale a dire la tua radiazione e il Milan in B. Era il medesimo pubblico che fino a qualche settimana fa, per un tuo autografo, avrebbe fatto la fila di un’ora e disertato fabbrica e ufficio per vedere un tuo gol in maglia azzurra. Ma basterebbe un nulla, basterebbe che il gatto e la volpe, secondo il copione, fossero finalmente sconfessati e messi alla berlina, perché tu, irresistibile Pinocchio, tornassi autentico protagonista della vita reale e fantastica del Bel Paese. Da vecchio estimatore del Collodi, aspetto che prenda corpo ed espressione l’ultimo capitolo della tua storia. Del Buono, per il momento, paragona il tuo sorriso a quello della Gioconda, fa capire che dietro la tua faccia d’angelo si nascondono macchinazioni diaboliche. Pablito, rispondi a Del Buono che dopo la sentenza della CAF andrai come voto a visitare il Louvre a Parigi e ti farai fotografare davanti al capolavoro di Leonardo da Vinci. Lo sai che quella Gioconda lì la rapirono e fu sospettato un poeta famoso come Apollinaire? Venne ammanettato e passò al fresco alcune notti, poi la verità trionfò e il poeta tornò a passeggiare per St. Germain a fronte alta. Spero che la stessa cosa avvenga per te, Pablito. E che questi Europei si possano vedere insieme, con la folla dell’Olimpico che invoca il tuo nome».

Giovanni Del Bianco
(articolo per il blog del Guerin Sportivo)

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